La
risorsa vento per la qualità dell'aria e il benessere
I
sistemi di ventilazione naturale nell'architettura
tradizionale e nell'evoluzione tecnologica
di Mario Grosso
La potenzialità del
vento come fonte rinnovabile alternativa al petrolio per la
produzione di energia elettrica è, nella realtà italiana,
piuttosto limitata. Per produrre elettricità da fonte
eolica in modo competitivo, infatti, si richiede la
compresenza di vaste aree facilmente accessibili, non
costruite, e non piantumate, e di una frequenza di ventosità
elevata con alte velocità medie; caratteristiche, queste,
di zone relativamente limitate del territorio italiano
(alcune zone della Sardegna e della Sicilia).
Le caratteristiche geomorfologiche dell'Italia, invece, e,
in particolare, lo sviluppo dei litorali e l'estensione
delle zone collinari e montuose, determinano una ventosità
diffusa a prevalente regime di brezza, con velocità media
relativamente bassa (1-2 m/s), velocità e frequenza
piuttosto variabili e direzioni prevalenti alternate
nell'arco della giornate. Tali connotati rendono la risorsa
vento particolarmente idonea ad essere utilizzata come
motore naturale della ventilazione, in funzione sia del
rinnovo dell'aria negli ambienti confinati, sia del
raffrescamento passivo degli edifici [1].
Tale utilizzo, se sviluppato nella potenzialità consentita
dalle caratteristiche territoriali italiane, può
rappresentare un risparmio di energia elettrica - sia per
ventilazione, sia per condizionamento - ben maggiore della
quota ottenibile direttamente da generazione eolica.
D'altra parte, l'utilizzo del vento per il soddisfacimento
del benessere abitativo era patrimonio delle culture
pre-moderne, come testimoniano gli esempi che si illustrano
di seguito e che sono stati definiti archetipici, proprio
per il loro carattere di primogenitura e paradigmaticità.
Sistemi
archetipici di ventilazione naturale
Fig.
1 Sezione schematica di un termitaio, illustrante i condotti
per l'aerazione, le pareti laterali sottili per il
raffrescamento convettivo e la massa termica in alto, con
funzione di controllo solare [2]
Il termitaio
L'esempio più paradigmatico è rappresentato da
un'architettura del mondo animale: il termitaio, una
complessa costruzione in sabbia, lavorata dalle termiti
operaie, all'interno del quale la temperatura è pressoché
costante per tutto l'anno, grazie al metabolismo
delle termiti e ad una rete di condotti di ventilazione, che
sono aperti o chiusi per regolare i flussi d'aria. La
cresta, la parte più esposta all'irraggiamento solare, è
massiva e priva d'abitacoli, in modo tale da attenuare le
oscillazioni termiche interne. Essa è attraversata,
inoltre, da un condotto in grado di favorire la fuoriuscita
dell'aria viziata (Fig.1).
Fig
2 I diversi meccanismi di controllo microclimatico del tepee
indiano nordamericano [2]; a) chiuso -periodo freddo-, b)
ventilazione per effetto camino -espulsione fumo-, c)
ventilazione passante, d) barriere protettive dai venti
freddi
Il tepee
Esempi d'applicazione antropica dei meccanismi di
ventilazione naturale sono, invece, i rifugi
"leggeri" dei popoli indigeni di diversi
continenti, costruiti per adattarsi ai climi caldo umido
oppure per esigenze di mobilità dei popoli nomadi. Tra
questi, il più rappresentativo è il tepee (la classica
tenda degli indiani d'America delle grandi pianure),
costituita da una struttura portante conica di pali d'abete,
sormontata da pelli di bufalo conciate con misture oleose e
preparati tannici, tali da rendere le pelli impermeabili
alla pioggia.
Quest'involucro ha due falde riportate, che restano
sporgenti in alto e possono essere tenute aperte, per
l'uscita del fumo e per l'aerazione o chiuse, spostando i
due pali ai quali sono appese, per riparare dalla pioggia e
dal freddo. I pali possono essere spostati anche per
posizionare l'apertura sottovento, in modo tale da favorire
la fuoriuscita del fumo. In inverno, attorno alla tenda si
colloca una barriera circolare fatta di sterpaglia, per
protezione contro i venti freddi. D'estate, le pelli sono
sollevate nella parte inferiore, per ventilare lo spazio
interno. All'interno, la capanna è foderata, fino ad un
terzo dell'altezza utile, da uno strato di pelle conciata,
fissata in modo da creare un'intercapedine d'aria verso la
pelle esterna. Quest'ultima ha la funzione di mantenere
asciutto l'ambiente interno, anche in caso di pioggia, e di
aumentare il tiraggio termico per l'uscita del fumo (Fig.
2).

|
Fig
3 Schema dei flussi d'aria nel qa'a di Othman Katkhuda,
Cairo (1350) [3]
Fig
4 Schema dei flussi d'aria in una torre iraniana associata a
un condotto sotterraneo
Il Qa'a
Tecniche di raffrescamento naturale per ventilazione
più avanzate sono quelle sviluppate in seno a civiltà come
l'araba o la persiana, quali quelle applicate nei Qa'a
egiziani e nelle torri del vento iraniane.
Il meccanismo di base di entrambi consiste nel catturare il
vento in alto, dov'è più veloce e più freddo, condurlo
all'interno dell'edificio attraverso condotti verticali che
hanno un involucro di massa consistente (in modo da impedire
il riscaldamento dell'aria) ed espellere quindi l'aria calda
e viziata dei vani interni attraverso aperture poste in
alto.
Nel qa'a l'elemento di captazione del vento è il malkat
posto sopravvento e possibilmente a nord, mentre l'apertura
di estrazione è rappresentata da un lanternino. Entrambi le
aperture sono direttamente collegate con i locali da
raffrescare e il ciclo è continuo, giorno e notte (Fig. 3).
Nella torre del vento, l'elemento di captazione dell'aria
(torre) è, generalmente, separato dai locali da raffrescare
e collegato a questi ultimi da un canale sotterraneo, che
raffredda ulteriormente l'aria. L'espulsione dell'aria calda
avviene attraverso le finestre. Il flusso d'aria s'inverte
di notte, per effetto del rilascio di calore (assorbito
durante il giorno) da parte dell'involucro della torre, che
riscalda l'aria. Questa tende, così, a salire, richiamando
aria più fredda dal canale sotterraneo e, a sua volta, dai
locali abitati, attraverso le finestre lasciate aperte (Fig.4).
Caratteristiche e
modalità di funzionamento
Per ventilazione si intende quell'insieme di operazioni
volte a sostituire, in tutto o in parte, l'aria
"viziata" di uno spazio confinato con aria pulita.
Tale insieme di operazioni, comprendente l'immissione,
l'eventuale filtraggio, la movimentazione e l'espulsione
dell'aria, ha come scopo primario quello di garantire la
qualità dell'aria nell'ambiente; tuttavia, quando i valori
dei parametri microclimatici di un ambiente confinato sono
superiori a quelli di benessere, e l'aria immessa ha una
temperatura inferiore a quella dell'ambiente confinato, la
ventilazione assolve anche una funzione di raffrescamento.
La ventilazione può essere posta in atto autonomamente o
funzionare come parte di un sistema di climatizzazione ad
aria, in cui è previsto il trattamento, vale a dire la
modifica delle caratteristiche termoigrometriche, dell'aria
stessa, al fine di realizzare, e mantenere, condizioni di
comfort. In ogni caso, la ventilazione come mezzo di
raffrescamento ha un effetto prevalente, se non esclusivo,
sui livelli di temperatura dell'aria e di sensazione
corporea, agendo in modo minimale sull'umidità relativa.
La ventilazione può essere attuata, in funzione del tipo di
forza agente sulla massa d'aria per indurne lo spostamento e
del meccanismo di trasporto dell'aria stessa, nelle seguenti
modalità:
- ventilazione naturale, utilizzante unicamente forze
"naturali" (vento, effetto camino), nelle
condizioni microclimatiche, esterne ed interne, date
dalle caratteristiche del contesto;
- ventilazione indotta, utilizzante forze
"naturali" ma in condizioni microclimatiche
modificate da specifiche tecnologie (es., camino
solare);
- ventilazione forzata, determinante spostamento d'aria
con mezzi meccanici (es., ventilatore);
- ventilazione ibrida, utilizzante meccanismi
prevalentemente di ventilazione naturale o indotta, con
un apporto minimo di ventilazione forzata. Il presente
articolo fa riferimento ai sistemi di ventilazione
naturale, indotta e ibrida, che costituiscono l'insieme
di tecniche definibili come ventilazione passiva; in
particolare, tratta di quelli utilizzanti
prevalentemente il vento come motore di flussi d'aria
attraverso gli edifici.
Sistemi di ventilazione passiva
L'impiego di sistemi a ventilazione passiva negli
edifici, in alternativa a quelli di ventilazione meccanica,
ha un'importanza strategica nella politica energetica e
ambientale dei paesi industrializzati e, in modo ancora più
rilevante, di quelli in via di sviluppo.
Tali sistemi, infatti, producono una serie di effetti
positivi, riassumibili nei seguenti:
-
Riduzione dei consumi energetici, e
quindi della dipendenza dal petrolio, connessi con le
esigenze di ventilazione e raffrescamento degli
ambienti, queste ultime, particolarmente nelle zone a
clima caldo e nei periodi caldi delle zone a clima
temperato;
-
Conseguente riduzione delle emissioni
inquinanti dell'aria, incluse quelle di gas serra
responsabili del progressivo riscaldamento globale medio
del pianeta, derivanti dall'utilizzo energetico di
combustibili fossili;
- Riduzione dei rischi dì inquinamento biologico (sick
building syndrome, legionella) legati errori di progetto
(presenza di ristagno d'acqua e/o all'inefficienza di
gestione (poca frequenza nella sostituzione dei filtri),
che possono caratterizzare gli impianti di
climatizzazione e quelli ( ventilazione meccanica).
I principali sistemi di ventilazione passiva a vento sono
i seguenti:
Si schematizza di
seguito il funzionamento tali sistemi, ad eccezione di
quelli ibridi, con alcune indicazioni sui limiti
dimensionali relativi all'efficacia di ventilazione.
Fig
5 Limiti di profondità di vano per garantire efficacia di
ventilazione a lato singolo e passante
Ventilazione
passante orizzontale e a lato singolo
Si definisce ventilazione passante orizzontale il flusso
d'aria che attraversa uno o più locali, con immissione e
uscita dell'aria da aperture collocate su pareti opposte o
adiacenti (ma non complanari), collocate alla stessa altezza
dal piano di pavimento (in caso di altezze differenti, si
aggiunge al vento la componente effetto camino). La portata
d'aria realizzabile con tale tecnica è proporzionale
all'area netta di apertura, all'angolo di incidenza del
vento sul piano dell'apertura e alla differenza di pressione
tra le due aperture. Tale differenza è massima per aperture
collocate, rispettivamente, quella d'ingresso dell'aria sul
lato sovrapressione, e quella d'uscita, sul lato in
depressione (generalmente, ciò accade quando le aperture
sono collocate su pareti opposte), con angolo d'incidenza
del vento compreso tra la perpendicolare e 30°.
La ventilazione a lato singolo è, invece, il ricambio
d'aria prodotto in un vano quando vi sono unicamente una o
più aperture collocate sulla medesima parete esterna. Il
tasso di flusso, in tal caso, è discontinuo e legato
prevalentemente ad un effetto di pulsazione dell'aria,
dipendente dalle variazioni di velocità e direzione che
caratterizzano il vento negli intervalli brevi. La portata
d'aria complessiva oraria è generalmente molto ridotta,
soprattutto nel caso di una singola apertura. Se le aperture
sono più d'una, la portata aumenta: per effetto camino, se
esse sono collocate ad altezze diverse; per l'innesco di
flusso da vento semi-passante, se le aperture sono collocate
alla stessa altezza.
In entrambi le configurazioni, l'efficacia della
ventilazione dipende, altresì, dalla profondità del vano
libero in rapporto all'altezza del vano stesso e dalla
eventuale presenza di partizioni, che aumentano la
resistenza al flusso, riducendo ulteriormente la portata
d'aria. In Fig. 5 sono riportate le massime profondità di
vano, al di sopra delle quali l’efficacia di ventilazione
- per sistemi sia a lato singolo, sia passante - risulta
notevolmente ridotta.

|
Fig.
6 Schema di flusso di ventilazione passante verticale (a
torre di captazione)
Ventilazione
passante verticale
Si intende per ventilazione passante verticale una
tecnica di ventilazione passante, in cui l'immissione
dell'aria avviene da un'apertura posta più in alto rispetto
a quella di uscita. Generalmente, il sistema prevede un
condotto verticale di immissione che collega l'apertura
d'ingresso dell'aria al vano da ventilare (Fig. 6).
L'apertura d'ingresso - il malkaf dell'architettura
tradizionale egiziana (vedi Fig. 3) - deve essere rivolta
sopravvento, in relazione ai venti dominanti. Tale sistema
è particolarmente adatto in condizioni di vento prevalente
relativamente costante, nel periodo caldo, nonché in
situazioni di contesto urbano ad alta densità edificata, in
cui risulta difficile utilizzare aperture ordinarie
(finestre) collocate a livello del vano per l'immissione
d'aria, soprattutto al primi piani fuori terra.
Tale sistema si può trasformare, in assenza di vento, in un
sistema ad estrazione naturale per effetto camino, come
avviene, di notte, nelle torri del vento iraniane (vedi
sopra, sezione Torri di captazione del vento e
paragrafo successivo).

|
Fig
7 Schema di ventilazione combinata vento (immissione)
effetto-camino (estrazione)
Sistema combinato
vento-effetto camino
Il sistema che, tipicamente, combina l'effetto del vento
con quello determinato dalla differenza di temperatura
dell'aria tra esterno ed interno (effetto camino), è quello
in cui si prevede l'immissione dell'aria in zona
sopravvento, ad altezza del locale da ventilare, e
l'estrazione naturale da un'apertura posta più in alto,
all'estremità di un condotto o vano verticale (Fig. 7).
Quest'ultimo può essere sia una conduttura costruita ad
hoc, sia uno spazio con altre funzioni, quale un vano-scala
o un atrio con aperture apribili in copertura.
Tale sistema può essere concepito sia come specificamente
destinato all'estrazione - come nel caso d'utilizzo di
vani-scala o atrii - sia come la modalità inversa di un
sistema in cui sia anche prevista la ventilazione passante
verticale (vedi punto Ventilazione passante verticale), come
avviene nella torre del vento iraniana. Nel primo caso, il
vento rappresenta un'agente d'ausilio alla generazione del
flusso d'aria, che è determinata prevalentemente
dall'effetto camino. Nel secondo caso, la torre,
generalmente suddivisa in più condotti interni, funziona,
alternativamente - in relazione al periodo e alla presenza,
o meno, di vento - come elemento di captazione o di
estrazione dell'aria.
Esiste, infine, anche la possibilità di combinazione
spaziale - ossia con funzionamento contemporaneo - delle due
modalità, come avviene nell'esempio sopra riportato del Qa'a
egiziano (vedi Fig. 3). In tal caso sono necessari due vani
verticali per la movimentazione dell'aria: l'uno in
immissione (malkaf), con direzione discensionale, l'altro in
estrazione (torrino o lanternino), con direzione
ascensionale.
Il raffrescamento ventilativo naturale
Il raffrescamento attuato tramite ventilazione può
essere, essenzialmente, di tre tipi:
-
Raffrescamento ventilativo corporeo,
RVC (comfort ventflation), prodotto dallo scambio
convettivo tra aria e pelle, per effetto sia della
differenza di temperatura, sia della velocità
dell'aria;
-
Raffrescamento ventilativo
ambientale, RVA (free cooling), relativo
all’abbassamento della temperatura dell'aria in un
ambiente confinato, per effetto dell'introduzione d'aria
più fredda dall'esterno;
-
Raffrescamento ventilativo della
massa, RVM (structural cooling), prodotto dallo scambio
convettivo tra le superfici delle strutture edilizie
(pareti, pavimenti, soffitti, ecc.) ed aria a
temperatura più bassa di quella delle superfici stesse.
Rattrescamento
ventilativo corporeo
L'efficacia della ventilazione come mezzo di
raffrescamento corporeo dipende sia dalla differenza di
temperatura tra pelle ed aria, sia dalla velocità di quest'ultima.
In un individuo sano, la temperatura della pelle è,
mediamente, di ca. 33 0C; per generare uno scambio termico
negativo (vale a dire, dal corpo verso l'esterno), è,
quindi, sufficiente ventilare con aria a temperature di poco
inferiori. In realtà, tale scambio negativo genera
condizioni di comfort per l'individuo solamente se si
raggiungono determinati valori della cosiddetta
"temperatura operante", dipendenti da molteplici
fattori, interrelati in modo complesso1. Si può, in ogni
caso, ragionevolmente sostenere che la temperatura dell'aria
non debba mai superare, affinché il raffrescamento sia
efficace, il limite superiore della zona di comfort (26°C
ad aria ferma), estesa per tenere conto dell'effetto della
velocità dell'aria, come di seguito illustrato.
A parità di temperatura, l'effetto della velocità
dell'aria sulla sensazione termica corporea, in termini
d'abbassamento di temperatura equivalente e d'impatto
percettivo generale, è, indicativamente, quello riportato
nella tabella al piede [5].
Dai dati indicati in tabella, si desume che il limite
massimo della temperatura dell'aria, per raffrescamento
corporeo, sia intorno a 29 °C, con aria a velocità di poco
superiore a 1 m/s. Tale valore corrisponde, infatti, al
limite di comfort più i tre °C d'abbassamento della
temperatura percepita, prodotto dall'effetto di
movimentazione dell'aria a quella velocità. Velocità
inferiori determinerebbero, ovviamente, in proporzione,
limiti più bassi della temperatura massima.
Altro fattore importante ai fini di un efficace
raffrescamento corporeo è la posizione delle aperture. Essa
deve essere tale da consentire uno scambio convettivo a
livello del busto, senza generare fastidiose sensazioni di
"corrente", particolarmente quando la temperatura
dell'aria entrante è notevolmente più bassa di quell'interna2.
EFFETTO
DELLA VELOCITA' DELL'ARIA NEL RAFFRESCAMENTO
CORPOREO
|
Velocità
dell'aria (m/s)
|
Abbassamento
di temperatura (C°)
|
Sensazione
|
<
0.25
|
<1 |
Nessuna |
0.26
- 0.5
|
1.1
- 1.6 |
Piacevole |
0.51
- 0.75
|
1.7
- 2.2 |
Piacevole
con consapevolezza del movimento |
0.76
- 1.00
|
2.3
- 2.8 |
Da
piacevole a leggermente disagevole |
1.01
- 1.5
|
2.9
- 3.9 |
Da
leggermente a notevolmente disagevole |
>
1.5
|
>
3.9 |
Richiede
interventi correttivi |
Raffrescamento
ventilativo ambientale
Il raffrescamento ventilativo ambientale è generato per
introduzione in un ambiente confinato d'aria più fredda che
quell'interna, con l'obiettivo di portare quest'ultima entro
limiti di comfort per temperatura e umidità relativa. RVC,
RVA, e RVM sono tecnicamente analoghi: operano tutti
attraverso l'introduzione di aria più fredda in un ambiente
confinato; ma, mentre il primo non può che avvenire in
presenza di persone e l'ultimo, generalmente, si attua in
assenza, il secondo opera sia in presenza, sia in assenza,
d'occupanti. Le tre modalità sono complementari, ma non
intercambiabili: con RVC si ha sempre anche RVA, mentre RVA
si può attuare anche senza RVC, anzi, può creare, per
periodi limitati, condizioni tali da non renderlo
necessario. Il RVA induce sempre anche RVM, se l'edificio da
raffrescare ha una massa edilizia relativamente consistente,
per quanto i risultati non siano paragonabili a quelli
prodotti da tecnologie di RVM specificamente finalizzate.
I limiti di temperatura cui può operare efficacemente il
RVA, sono inferiori a quelli del RVC, non intervenendo
necessariamente l'interazione sensoriale con l'utente: in
genere, il limite superiore è pari alla temperatura di set
point estiva (26 °C), mentre quello inferiore può scendere
anche molto sotto a 20 °C, in assenza di persone, come
avviene per il RVM.
Le forze motrici del flusso d'aria necessario per indurre
raffrescamento ventilativo - sia RVA, sia RVC e RVM - sono
il vento e l'effetto camino, integrate con movimentazione
meccanica dell'aria da attivare in caso di necessità, nei
sistemi passivi ibridi.
La portata d'aria - qrva - necessaria per il RVA di uno
spazio confinato è determinabile, in regime stazionario,
dalla seguente equazione:
dove:
qrva = H / ca r (ti – te)
H = flusso di calore
prodotto all'interno dell'ambiente è uguale a :
H= Hs + Hi - Hd , con
Hs = apporti solari
Hi = apporti interni (persone e apparecchiature)
Hd = dispersioni (W)
ca = calore specifico dell'aria(J/kgK)
p = densità dell'aria (kg/m3)
ti , te = temperatura dell'aria interna ed esterna
|
|
Fig
8 Capacità di dissipazione termica di RVA con
ventilazione passante, monozona, nel caso di
aperture uguali e
ti , te = 1.7 °C |
Fig
9 Capacità di dissipazione termica di RVA con
ventilazione passante, monozona, per effetto camino,
nel
caso di aperture uguali e ti
, te = 1.7 °C |
Sulla base
dell'equazione sopra riportata, e d'altre formule specifiche
per il calcolo della portata d'aria da vento e da effetto
camino3, sono stati calcolate le curve dei grafici di Fig. 8
e Fig. 9 [6].
In Fig. 8 sono riportate le curve di correlazione tra
velocità del vento (incidente perpendicolarmente ad una
finestra) e area netta relativa d'apertura (come % della
superficie di pavimento), per diversi valori di flusso
termico asportato, nel caso di ventilazione passante in un
ambiente monozona, con aperture d'area uguale in entrata e
in uscita del flusso e differenza di temperatura di 1,7 °C.
Curve analoghe sono riportate in Fig. 9, con riferimento
alla correlazione tra altezza del camino termico (distanza
verticale tra livello d'ingresso e d'uscita dell'aria) e
area della sezione trasversale al flusso, nelle stesse
ipotesi dimensionali e di temperatura di Fg. 8.
Tali curve, come l'equazione sopra riportata, sono utili
unicamente per verificare condizioni istantanee limite della
necessità di portata d'aria per RVA, al fine dì
determinare la potenzialità di ventilazione in funzione
delle scelte geometricodimensionali relative alle aperture.
Per una valutazione effettiva dell'efficacia del RVA,
occorre utilizzare metodi di calcolo e modelli di tipo
dinamico, ben più complessi e articolati, riferiti a
periodi non più corti della settimana e basati su dati
meteorologici orari4.
Fig 10 Variazione
delle linee di flusso d'aria in un locale con
ventilazione passante, in funzione della
localizzazione delle aperture.
Posizioni idonee per: RVM solaio, in alto a
sinistra, e in basso a destra; RVM pavimento, in
basso a sinistra; RVC, in alto a destra.
|
Raffrescamento
ventilativo della massa
Il RVM è una tecnica di raffrescamento ventilativo,
generalmente applicata ad edifici non residenziali5, che
consiste nell'introduzione d'aria in ambiente, nel periodo
serale e notturno, tramite aperture posizionate in modo tale
da indurre un flusso lambente superfici interne di strutture
massive (solai, pavimenti, pareti).
L’efficacia di tale tecnica è proporzionale al livello
d'escursione termica giornaliera e dipende sia dalla quantità
e posizione6 della massa esposta, in grado di assorbire il
calore prodotto nell'ambiente durante il giorno, sia dalla
posizione delle aperture e dalla velocità dell'aria. In
relazione alla diminuita ventosità nelle ore notturne, i
sistemi di RVM sono, generalmente, ibridi (utilizzano, in
altre parole, ventilatori per la movimentazione dell'aria).
Il calcolo della massa termica esposta, necessaria per
assorbire il calore prodotto in un ambiente confinato, e
della portata d'aria richiesta per raffreddarlo, prima che
s'inneschi un nuovo ciclo diurno di riscaldamento, è
piuttosto complesso. Una metodologia semplificata è
contenuta nel Cap. XII di [1].
In Fig. 10, sono riportati alcuni schemi di posizione delle
aperture e dei relativi flussi d'aria, dipendenti dalla
localizzazione della massa termica esposta.
Note
1 Si veda il
Cap. 3 del Rif. Bibl. [1].
2 Anche per la ventilazione naturale, in ogni caso, come per
il condizionamento dell'aria, valgono i limiti di differenza
tra temperatura dell'aria in assenza di raffrescamento e
aria immessa, di 6i °C; ciò significa che - con
riferimento alla temperatura limite per il comfort estivo di
26°, ad aria ferma - è opportuno non ventilare con aria a
temperature inferiori a 20 0C.
3 Si veda il Cap. XI di Rif. Bibì. [1]
4 Sivedano i Cap,XI e XII di Rif; Bibl. [1]
5 Le elevate portate d'aria richieste, unitamente ad una
limitata produzione diurna di calore interno, ne
sconsigliano, infatti, l'applicazione in edifici
residenziali, che sono occupati prevalentemente proprio di
sera e notte, contrariamente agli edifici per uffici,
commerciali e industriali.
6 Il solaio senza controsoffitto è, generalmente,
l'elemento migliore per il RVM, in quanto assorbe
naturalmente, per convezione ascensionale, il calore
prodotto nel locale sottostante.
Riferimenti
bibliografici
[1] Grosso, M., Il raffrescamento passivo degli edifici,
Maggioli, Rimini, 1997.
[2] Fuller Moore, Environmental control Systems: heating
cooling lighting, McGraw-Hill, Inc, Cap. 3: Climate and
Shelter; New York.
[3] Fathy H., Natural Energy and Vernacular Architecture,
University of Chicago Press, USA, 1986
[4] Bahadori M.N., "Passive Cooling Systems in Iranian
Architecture", Scientific American, Vol. 238, No. 2,
February 1978, New York.
[5] AA,VV., Handbook of Fundamentals, Cap. 27, ASHRAE,
Atlanta, 1989
[6] Reynolds, J. 8., Stein, B., Mechanical and Electrical
Equiìpment for Buildings, 8th Edition, John Wiley &
Sons, NewYork,1992
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